Son Federico di nome, Aglietti di cognome.
Della carne ne ho fatto un lavoro, una passione,
mi destreggio tra cappello del prete, svizzere e tenerone,
Scegliere tra le carni esposte nella mia vetrina è un viaggio,
ai clienti amo proporre solo ciò che io stesso mangio.
La mia famiglia da più di 100 anni e da 4 generazioni
ha capito che offrire la qualità è la migliore delle intenzioni.
Razza Fassona, Galiziana o Garonnese,
nella stalla il bue lo scegliamo noi, senza offese.
Nonno Romeo m’insegnò che il bravo “maslé”,
che vuol far bene il proprio “misté”,
inizia a lavorare di primo mattino
per preparare le carni per il palato più fino,
coltelli ben affilati
se di alto livello vuoi i risultati.
Lui tra i primi tagliò la spalla di vitello con l’osso
e i suoi insegnamenti non ho rimosso;
all’arrosto del filetto era affezionato,
ma non si vive solo di tradizioni, nel tempo l’ho imparato.
È così che i pezzi dimenticati con me sono rinati,
come il diaframma, tenero e super gustoso;
più moderni sono il Tomahawk, costata dal taglio estroso,
la cui forma ricorda l’ascia dei nativi americani;
o, come la chiamano i brasiliani,
la tenera picaña,
con o senza bagna, che poi è il codone,
che nonno accoppiava con lo scamone.
E che dire del processo di frollatura,
che morbidezza e sapore alle carni assicura.
Dal laboratorio artigianale escono poi altre sorprese,
salami, salsicce e altri insaccati, oltre a bresaola e paletta biellese.